A chi conviene l'Italia? Rispondono gli italiani nell'indagine del Club dell'Economia: l'Italia è un perfetto paese-vacanze, ma guai a studiare, investire o lavorare. Se il pessimismo serpeggia, come ci si opporrà alla staticità?
L’indagine del Club dell’economia– “A chi conviene l’Italia?”: l’indagine del Club dell’Economia in collaborazione con il Censis (su un campione di 1 146 utenti) ha dimostrato che chi credeva che nell’ultimo periodo gli italiani avessero fatto un’inversione ottimista si sbagliava. L’idea generale rimane quella di un’Italia paese-vacanze, perfetta per mangiare bene, divertirsi, godere della vita. Se invece si vuole studiare, investire o lavorare, meglio andarsene. Questo è il pensiero comune che serpeggia tra gli italiani. Al di là dell’andamento della crisi, se il punto di partenza delle mentalità è così basso, probabilmente trionferà ancora una volta la staticità.
Tra i 35 e i 44 anni pessimismo– A chi conviene l’Italia? Ai politici, ai sindacalisti e alla finanza globale. Sicuramente non ai giovani, ai precari e ai disoccupati. È questo il risultato dell’indagine che traccia nero su bianco la percentuale dell’amarezza degli italiani: solo al 10% della popolazione conviene stare in Italia e stiamo parlando dei “soliti noti”, di chi, comunque vadano le cose, detiene il potere, qualunque sia lo schieramento al governo. L’indagine chiede anche “Riusciremo ad uscire dalla stagnazione?”. Gli italiani si spaccano a metà: il 49,3% risponde no, il 50,7% è fiducioso. Tuttavia le punte di ottimismo arrivano per la maggioranza dagli under 34 e dagli ultra sessantacinquenni. Il direttore del Censis Giuseppe Roma commenta il dato: “Gli anziani sono i più sicuri e i più ricchi, i giovani hanno la speranza. Per tutti gli altri domina l’incertezza.”.
Spirale di pessimismo– Solo il 7% ritiene l’Italia un paese adatto a studiare, investire (5,7%) e lavorare (5,2%). Si crede ancora nel patrimonio culturale (31,3%), nel brand (24,3%), nelle reti di solidarietà (11,8%). Ma la popolazione è vecchia, la burocrazia pesante, la politica instabile, i giovani non abbastanza sostenuti dal governo. Allora non serve soltanto lavorare in queste direzioni, bisogna prima di tutto ricreare una fiducia e un’appartenenza che tra gli italiani non esistono più. Probabilmente queste indagini sono un serpente che si morde la coda: creano un vero e proprio flusso di pessimismo, promuovendo quella che sembra l’unica medicina alla malattia, ossia la fuga all’estero. Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini dice: “Non deve passare il messaggio che nulla cambia.”. Aspettiamo a breve una ricetta di ottimismo, ormai incerti se credere se sia soltanto questione di atteggiamento.
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